Con la recente sentenza 11.06.2021 n. 5140, il Tribunale di Milano, sezione XI civile, nella persona dell’autorevole giudice dott. Giovanna Beccarini Crescenzi, ha avuto modo di affrontare una delle tematiche che vengono maggiormente in rilievo nell’ambito del diritto dei trasporti, costituita dall’incidenza dell’evento rapina ai fini della responsabilità del vettore per la perdita del carico trasportato.
Il Caso
Il giudizio all’esito del quale è stata pronunciata la summenzionata sentenza è stato promosso da una notissima compagnia assicurativa (di seguito, breviter: la “Compagnia”), che, dopo aver liquidato alla propria cliente (committente del trasporto) l’ingente somma di circa Euro 130.000,00 (pari al valore della merce sottratta in occasione di una rapina verificatasi durante il relativo trasporto verso la Regione Campania), agiva nei confronti della società cui era stato commissionato il suddetto trasporto (di seguito, breviter: il “Vettore”), difeso dal presente Studio, per ottenerne la condanna, in via di surroga ex art. 1916 c.c., del medesimo importo.
Il tutto, censurando la circostanza che il suddetto trasporto fosse stato dato in sub-vezione a terzi e tentando di accreditare la sussistenza della colpa grave ex art. 1696 ult. comma in capo al sub-vettore e – di riflesso – al Vettore, essenzialmente:
- per avere l’autista deciso, di non sostare durante la notte in un’area di servizio lungo l’autostrada, bensì di dirigersi all’una di note verso il piazzale dell’azienda in cui, a partire dalle 06.00 del mattino seguente, avrebbe dovuto effettuare lo scarico della merce;
- per avere il Vettore, nell’organizzazione del trasporto, perseguito esclusivamente i propri fini commerciali e non avere conformato la suddetta organizzazione a sufficienti canoni di diligenza.
Il Vettore si costituiva in giudizio sostenendo di non essere tenuto ad alcun risarcimento, stante la sussistenza del caso fortuito, integrato dall’evento rapina o, in ogni caso, di poter essere tenuto tutt’al più al risarcimento entro il cd. limite vettoriale, stante l’insussistenza di dolo e/o colpa grave del Vettore stesso e/o del sub-vettore nell’organizzazione ed esecuzione del trasporto, essenzialmente, sul presupposto che:
- nella selezione del sub-vettore, il Vettore si era rivolto ad un soggetto di consolidata esperienza e solidità, che aveva eseguito il trasporto conformandosi ai canoni di diligenza e prudenza richiesti dall’attività svolta;
- le modalità di svolgimento della rapina fossero state tali da non consentire all’autista di evitare l’evento;
- la mancata sosta presso l’area di servizio non potesse rappresentare un elemento idoneo ad integrare una condotta colposa e/o dolosa del sub-vettore, posto che l’area antistante il magazzino di destinazione era sorvegliata h 24 e non vi era alcuna evidenza che l’area di servizio menzionata ex adverso fosse – in astratto – maggiormente sicura dell’area antistante il magazzino.
In ogni caso, il Vettore chiedeva di essere autorizzato alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa: autorizzazione che il Tribunale concedeva, con conseguente chiamata in causa della compagnia assicurativa del Vettore che, a sua volta, pur aderendo alle difese del Vettore in relazione all’assenza di responsabilità di sorta da parte di quest’ultimo, eccepiva l’inoperatività della polizza stipulata dal Vettore al caso concreto[1].
La disciplina di riferimento.
Trattandosi di trasporto svoltosi all’interno del territorio nazionale, la disciplina di riferimento è quella prevista dal Codice Civile – essenzialmente – agli articoli 1693 e 1696 c.c..
Dal combinato disposto di queste norme emerge, in estrema sintesi:
- ai sensi dell’art. 1693 c.c., una generale responsabilità del vettore per la “perdita e […] avaria delle cose consegnategli per il trasporto” salva la prova del caso fortuito (amplius: “che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario”);
- una limitazione della responsabilità del vettore in ordine alla quantificazione del risarcimento del danno, pari – per i trasporti nazionali – a “un euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata” (v. art. 1696 co. 2 c.c.): cd. “limite vettoriale”;
- una deroga alla limitazione di cui al precedente punto b., per il caso in cui si dia la prova che la perdita e l’avaria siano state determinate da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e/o preposti (v. art. 1696 ult. comma c.c.).
In caso di avaria o perdita del carico che si verifichi durante un trasporto, quindi, il vettore, salvo che non provi il caso fortuito (e, in tal caso, è esente da responsabilità), risponde entro il limite vettoriale, a meno che, nel corso del giudizio, non si offra la prova del dolo e/o colpa grave del vettore stesso: solo in quest’ultimo caso il vettore sarà tenuto al risarcimento dell’intero valore della merce oggetto di avaria e/o perdita.
L’oggetto del giudizio ed il punto di vista della Giurisprudenza
in relazione all’evento rapina nell’ambito del diritto dei trasporti.
Nel caso de quo il Tribunale è stato quindi chiamato a valutare se e quali profili di responsabilità sussistessero in capo al Vettore per la perdita del carico della Committente, conseguente alla rapina di cui era stato vittima il sub-vettore. E, quindi, volendo schematizzare, il Tribunale doveva essenzialmente valutare:
- se la rapina – come asserito dalla convenuta – potesse integrare o meno l’esimente del caso fortuito di cui all’art. 1693 c.c., con conseguente assenza di qualsivoglia responsabilità in capo al Vettore;
- se, diversamente da quanto asserito dalla convenuta, la rapina non potesse essere ritenuta elemento sufficiente ad integrare il caso fortuito ex art. 1693 c.c., con conseguente responsabilità del Vettore, ai sensi dell’art. 1696 co. 2 c.c. (e, quindi, entro il “limite vettoriale”);
- se, come richiesto dalla Compagnia, la rapina dovesse essere considerato un evento irrilevante ai fini della responsabilità del Vettore e vi fossero altresì elementi da cui ritenere dimostrati il dolo o la colpa grave, tali da comportare la responsabilità “aggravata” del Vettore per l’intero valore della merce oggetto di rapina (ai sensi dell’art. 1696 ult. comma c.c.).
Quesiti, quelli di cui sopra, per rispondere ai quali assumeva comunque un’importanza dirimente la valutazione della valenza dell’evento rapina ai fini della responsabilità del Vettore.
La giurisprudenza ha avuto più volte modo di esprimersi ed in maniera piuttosto costante, in merito all’incidenza dell’evento rapina sulla responsabilità del vettore, tanto da potersi affermare che l’indirizzo assolutamente maggioritario sia quello secondo cui la rapina è un evento che rappresenta un tipico rischio di impresa dell’attività di autotrasporto e che, di per sé considerato, non integra necessariamente il requisito del caso fortuito, idoneo a fare in modo che il vettore possa andare esente da responsabilità per la perdita e l’avaria del carico, ma che sia, piuttosto, un evento, che sulla base delle specifiche circostanze del caso concreto, che vanno attentamente e globalmente considerate di volta in volta, può integrare il requisito del caso fortuito o, al contrario, può essere ritenuto ininfluente, da questo punto di vista, laddove da ulteriori circostanze del caso concreto si possa comunque ricavare la prova di una condotta dolosa e/o colposa del vettore.
“Il mero verificarsi del furto o della rapina, rischi tipici delle attività di autotrasporto, non consente di assolvere il vettore dalla responsabilità ex recepto, essendo necessario a tal fine verificare che tali eventi si siano presentati o si siano svolti con aspetti e modalità talmente atipici, abnormi ed inconsueti da doversi ritenere del tutto imprevedibili e inevitabili a priori; o che, in ordine agli stessi, non è esigibile alcuna attività di prevenzione che determinerebbe costi sproporzionati al rischio del loro verificarsi, od alla natura e alle dimensioni dell’impresa. (Trib. Roma 10.9.2010); “Al fine di escludere la responsabilità ex recepto del vettore non è sufficiente la prova della perdita del carico a causa di una rapina, se il fatto è avvenuto con modalità tali da evidenziare l’omessa adozione di cautele idonee ad evitarlo, essendo necessario accertare che i fatti, ancorché riconducibili ad un reato perpetrato con violenza e minaccia sulla persona, si siano svolti con modalità talmente atipiche ed abnormi da doversi ritenere del tutto imprevedibili ed inevitabili anche mediante l’assunzione di misure di prevenzione adeguate” (V. Cass. 6.8.2015 n. 16554); “Deve essere esclusa la responsabilità delle persone che hanno assunto il trasporto di merci per la loro rapina quando essa, attesi i tempi e i luoghi, anche a volerla ritenere prevedibile, appare avere i caratteri propri dell’inevitabilità, in quanto l’autista del mezzo sul quale la merce era caricata procedeva lentamente a causa del traffico allorché i rapinatori mascherati erano saliti sul mezzo e, armati di pistola, avevano costretto l’autista a scendere e a salire su altra auto e si erano impossessati del mezzo, rilasciando l’autista solo quattro ore dopo; né l’antifurto satellitare e la presenza di altro uomo bordo avrebbero garantito l’immediato ricupero del mezzo prima della sottrazione della merce.” (App. Milano 16.2.2015); “In materia di trasporto di merci, la rapina non integra di per sé gli estremi del caso fortuito, salvo l’ipotesi in cui l’evento si sia verificato con modalità ed in circostanze di fatto tali da renderlo del tutto imprevedibile ed inevitabile. Ne deriva che solo in siffatta ipotesi il vettore sarà esente da responsabilità.” (App. Firenze 19.9.2011).
Dall’esame della giurisprudenza (di cui quella riportata supra è solo un marginale, quanto esemplificativo, esempio), ciò che assume importanza dirimente ai fini della valutazione dei profili di responsabilità del vettore, pertanto, non è, di per sé, il verificarsi di una rapina in conseguenza della quale sia stato sottratto il carico, ma l’insieme delle circostanze concrete con cui detta rapina si è svolta e, d’altra parte, il livello di diligenza del vettore e di prevedibilità dell’evento stesso, a prescindere dalla rapina stessa.
La decisione del Tribunale di Milano
Con la decisione in commento, il Tribunale di Milano, facendo rigorosa applicazione dei principi emersi dalla giurisprudenza ed a seguito di un’attenta analisi di tutti gli elementi di fatto del caso sottoposto alla sua attenzione, ha ritenuto non sussistere alcuna responsabilità del Vettore per la perdita del carico della Committente conseguente alla rapina proprio “in ragione delle modalità con le quali si è verificata la sottrazione delle medesime e, cioè, mediante violenza e minaccia esercitata nei confronti dell’autotrasportatore”
Il Tribunale di Milano è addivenuto a detta decisione a seguito di un completo esame della dinamica degli eventi per come la stessa è emersa non solo dalla denuncia sporta dall’autotrasportatore solo qualche ora dopo il verificarsi della rapina, ma anche dagli accertamenti svolti dal perito della stessa Compagnia e dalla relazione da quest’ultima prodotta in giudizio. Tutti elementi, questi ultimi, che il Tribunale ha precisato espressamente poter essere ritenuti assolutamente idonei a dar prova della dinamica degli eventi, posto che “nel nostro ordinamento processuale manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, il giudice può porre a base del proprio convincimento anche prove c.d. atipiche, della cui utilizzazione fornisca adeguata motivazione e che siano idonee ad offrire elementi di giudizio sufficienti e non smentiti da altre risultanze istruttorie (cfr., Cass. n. 13229/2015) […] Tra le prove atipiche summenzionate può essere inclusa anche la denuncia sporta alla polizia giudiziaria da [l’autista] – soggetto terzo rispetto alle parti del presente giudizio[2]. Il tutto, a maggior ragione in considerazione del fatto che, non solo “il racconto dell’autotrasportatore appare dettagliato e intrinsecamente coerente, non presentando elementi di contraddizione tali da farne presumere un contenuto non genuino” ma altresì lo stesso racconto non era stato smentito – ma semmai confermato – dagli “accertamenti condotti dal perito [della Compagnia]”, il quale, oltre a raccogliere le dichiarazioni dell’autista (coerenti con quelle da questo rilasciate in sede di denuncia), aveva anche evidenziato che “le varie fasi della denunciata rapina rientrano in quella che è la prassi consuetudinale messa in atto dai malviventi allorquando vengono perpetrati reati di tal genere [e che] il localizzatore antifurto presente solo sul semirimorchio non ha allarmato la centrale di controllo, presumibilmente per impiego, da parte dei rapinatori, di un jammer capace di inibire le frequenze e la normale funzionalità degli antifurti satellitari”; “la scelta del punto preciso ove bloccare l’automezzo lascia presupporre che ci troviamo innanzi a dei <<professionisti>> in tal genere di crimini”; “l’intero territorio a Nord-Ovest di Caserta … è ben noto per essere in centro di convergenze di organizzazioni malavitose dedite a questo particolare genere di crimine …”.
Dall’attento esame della dinamica dei fatti, ricavata dagli elementi presenti in giudizio e finanche prodotti dalla Compagnia attrice, il Tribunale di Milano ha quindi ritenuto che la professionalità della condotta dei malviventi fosse stata tale da non poter essere imputata in alcun modo, nemmeno sotto il profilo della negligenza (e, quindi, tantomeno della colpa grave e/o dolo ex art. 1696 ult. comma) all’autista (e, quindi, al Vettore).
Da questo punto di vista, inoltre, lo stesso Tribunale di Milano ha evidenziato l’inconferenza dell’assunto attoreo volto a ravvisare profili colposi e/o dolosi nella circostanza che l’autista, verso l’una di notte, avesse deciso di recarsi direttamente presso la sede dell’azienda in cui avrebbe dovuto effettuare lo scarico (a partire dalle ore 06.00 del mattino), anziché attendere presso un’area di servizio, asseritamente più sicura[3].
Una condotta, quest’ultima, che il Tribunale ha rimarcato non poter essere in alcun modo censurabile, “tenuto conto che il delitto è avvenuto sull’autostrada, vale a dire in un luogo soggetto a continuo flusso veicolare in tutte le ore del giorno e della notte”, mentre l’autista si stava dirigendo al luogo di destinazione, senza aver effettuato alcuna deviazione e dopo avere correttamente rispettato l’obbligo di riposo; e che “nessuna regola di diligenza impone agli autotrasportatori (rispettato l’obbligo di riposo) di viaggiare solo di giorno e, in particolare, di viaggiare solo di giorno sull’autostrada”; fermo restando – inoltre – che, essendo l’evento accaduto nel mese di dicembre, anche laddove l’autista si fosse diretto verso la destinazione finale appena prima dell’orario di apertura (e, quindi, intorno alle 05.00 del mattino), ciò avrebbe comunque impedito di viaggiare in orario diurno.
Il Tribunale di Milano, sempre nell’ottica di valutare eventuali profili di responsabilità del Vettore, ha poi smentito anche l’ulteriore assunto della Compagnia, volto a ravvisare profili colposi e/o dolosi nell’organizzazione del trasporto, improntata al perseguimento di un proprio interesse aziendale e commerciale. Da questo punto di vista, il Tribunale ha precisato che non è possibile considerare la condotta “di trasporto di merci di più proprietari diversi, di per sé negligente o imprudente. Infatti, nulla vieta al debitore/vettore, ove rispettato l’obbligo di eseguire la prestazione con la diligenza qualificata imposta dall’art. 1176, c. 2, c.c., di prescegliere le modalità reputate più idonee (anche secondo il proprio interesse) ad ottimizzare l’organizzazione e l’esecuzione del trasporto” e che “la decisione del vettore di arrivare comunque in tempo utile per mettersi in coda per lo scarico presso il deposito […] non può certo ritenersi irragionevole e ingiustificata perché dettata da esigenze di efficienza e utilità commerciale”.
Alla luce di tutto quanto sopra e valutati altresì ulteriori elementi provati nel corso del giudizio, quali il rispetto del tempo di riposo da parte dell’autista, il fatto che il carico fosse stato accuratamente protetto con “piombo …. Applicato … al ferma maniglia della porta destra” e la circostanza che il mezzo fosse comunque dotato di antifurto (come previsto dal contratto tra Committente e Vettore), il Tribunale è quindi addivenuto a concludere che “le modalità, sopra descritte e ritenute provate, della sottrazione della merce”, consistite in un “’dirottamento’ del mezzo di trasporto, con sequestro dell’autista, minacciato anche con un’arma”, “consentono di affermare positivamente che la perdita delle cose trasportate non fosse evitabile e prevenibile dal vettore sulla base del canone di diligenza qualificata di cui all’art. 1176, c. 2, c.c. e che, pertanto, l’evento si sia verificato per caso fortuito e non per colpa del vettore (e, tanto meno, per colpa grave).”. Valutazioni, queste, da cui è quindi conseguito il rigetto integrale delle domande attoree.
In conclusione
La decisione, brevemente commentata nel presente contributo, rappresenta, a nostro avviso, un fulgido esempio di quello che dovrebbe essere il corretto approccio del giudicante a fronte di un caso in cui sia contestata la responsabilità del vettore per lo smarrimento di un carico in occasione di una rapina.
Il Tribunale di Milano, infatti, ha fatto corretta e minuziosa applicazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza dominante, non limitandosi ad una valutazione acritica ed aprioristica dell’evento rapina, in un senso o nell’altro, ma esaminando nel dettaglio tutti gli elementi del caso concreto e le modalità di svolgimento dei fatti, al fine di verificare il grado di diligenza adottato dal vettore e, anche alla luce di questo, l’evitabilità o meno, secondo i canoni di diligenza richiesta, dell’evento. Alla luce di questa corretta, dettagliata e specifica analisi, il Tribunale è giunto quindi non solo ad escludere qualsiasi profilo colposo o doloso del Vettore (dalla cui esclusione, avrebbe comunque potuto conseguire una responsabilità dello stesso entro il cd. limite vettoriale) ma altresì a ritenere correttamente integrato il caso fortuito, idoneo ad escludere qualsivoglia responsabilità del Vettore stesso.
La summenzionata decisione, dimostra ancora una volta che i casi in cui la perdita del carico durante il trasporto sia conseguente ad una rapina, non possono mai trovare una soluzione semplicistica, sulla base di uno o dell’altro precedente, che una difesa o l’altra possa valorizzare a supporto delle proprie domande; ma devono essere necessariamente trattati sulla base di uno specifico e scrupoloso esame di tutte le peculiarità del caso concreto, da cui solo può dipendere l’incidenza di quell’evento ai fini della eventuale esclusione e/o limitazione della responsabilità del vettore. Un esame che deve essere svolto, preliminarmente, dall’avvocato, nella fase di studio della controversia ed anche al fine di suggerire al cliente se e quali azioni intraprendere (o meno) e che poi si auspica (laddove si addivenga alla fase giudiziale) venga correttamente compiuto dal giudice, come accaduto in occasione della sentenza oggetto del presente commento.
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Lo scrivente studio si rende sin d’ora disponibile per qualsiasi necessità, chiarimento o approfondimento volto a sviluppare la tematica in oggetto, mediante invio di una richiesta via mail all’indirizzo segreteria@margiottalegal.it
[1] Le domande svolte dalla compagnia assicurativa del Vettore e quelle, nel corso del processo, svolte poi direttamente dalla Compagnia assicurativa del Committente nei confronti di quella del Vettore esulano dal presente contributo e, pertanto, non verranno prese in considerazione.
[2] “la mattina stessa dell’evento (alle ore 8.33 e, quindi, poche ore dopo l’accaduto), nella quale l’autotrasportatore ha descritto la dinamica dei fatti occorsi la notte del omissis, esponendo che: verso l’01.00 di notte stava percorrendo a bordo del mezzo condotto l’autostrada A1 in direzione di Napoli; all’altezza dell’uscita di Capua, circa 1500 metri prima, era stato affiancato da un furgone bianco che, stringendolo sul margine destro della corsia, lo aveva obbligato a fermarsi; tre uomini erano scesi dal furgone, due dei quali erano entrati sul camion dal lato destro, mentre il terzo era salito dal lato del guidatore, puntandogli addosso una pistola e così obbligandolo a stendersi sulla branda, dietro il lato guida; [l’autista] aveva visto uno dei due uomini saliti dal lato destro mettere sotto carica nel port accendino un filo collegato ad una valigetta; gli uomini gli avevano coperto il viso con un panno nero, coprendolo con le sue coperte; il camion aveva viaggiato circa un’ora, finché [l’autista] non aveva sentito il rumore di un cancello che si apriva, le voci di altri sette o otto uomini e il rumore di un muletto, con il quale i malviventi avevano svuotato il camion della merce; terminato lo scarico, due uomini erano saliti sul camion e avevano condotto [l’autista] in via omissis, lasciandolo ad una rotonda, dalla quale lo stesso aveva raggiungo a piedi un bar per chiamare il 113, avendogli gli uomini sottratto sia il cellulare che il navigatore.”
[3] “Le incongruenze evidenziate dal perito dell’assicurazione, a ben vedere, non riguardano quindi il racconto dell’autotrasportatore (non avendo il perito nemmeno specificamente indicato a quali domande [l’autista] avesse risposto in maniera “sommaria e imprecisa” o quali aspetti della vicenda gli fossero rimasti oscuri), né insinuano seri dubbi sulle modalità dell’accaduto, dubbi che neppure l’attrice insinua. Al contrario, le perplessità del perito si riferiscono principalmente alle modalità di esecuzione della prestazione di trasporto e, in particolare, alla decisione dell’autotrasportatore di proseguire il viaggio all’1.00 di notte pur dovendo parte delle merci essere scaricate in luogo vicino a partire dalla mattina successiva (cfr., p. 10, doc. n. 6 attrice) e tali sono i rilievi svolti dalla stessa attrice al fine di affermare la responsabilità della convenuta per la sottrazione dei beni trasportati, oltre a ulteriori contestazioni che concernono il sistema di antifurto.