Il 04.07.2001 entrava in vigore il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Oggi, a quasi vent’anni da tale data, stupisce tuttavia come la platea dei suoi reali fruitori sia ancora molto ristretta. Così come ancor più limitata è, in realtà, la diffusa conoscenza di tale disciplina e proprio tale situazione presta troppe volte il fianco a spiacevoli condanne penali – amministrative per gli operatori economici.
La normativa, infatti, nata con il fine sostanzialmente di combattere i fenomeni corruttivi spesso frequenti nei rapporti fra imprese e Pubblica Amministrazione, si è di anno in anno fatta molto più trasversale e incisiva: dapprima con l’introduzione nel proprio catalogo dei reati colposi – con particolare riferimento a quelli in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – estendendosi, da ultimo, a contemplare anche i reati tributari e quelli in materia doganale.
Già da questi pochi richiami emerge chiaramente la natura estremamente “invasiva” e trasversale del rimodellato Decreto Legislativo, il cui catalogo dei reati rilevanti allo stato è quello che di seguito per maggior completezza si riepiloga:
- Reati commessi nei rapporti con la pubblica amministrazione e contro il patrimonio (artt. 24 e 25);
- Delitti informatici e di trattamenti illecito di dati (art. 24-bis);
- Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e strumenti o segni di riconoscimento (art. 25-bis);
- Reati societari (art. 25-ter);
- Reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico (art. 25-quater);
- Reati contro la personalità individuale (artt. 24-quater.1 e 25-quinquies);
- Reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione di mercato (art. 25-sexies);
- Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (art. 25-septies);
- Ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25-octies);
- Reati transnazionali;
- Delitti di criminalità organizzata (art. 24-ter);
- Delitti contro l’industria ed il commercio (art. 25-bis.1);
- Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25-nonies);
- Delitti contro l’amministrazione della giustizia (art. 25-decies);
- Reati in materia ambientale (art. 25-undecies);
- Reati in materia di politica assunzionale con riferimento all’impiego di cittadini extra-comunitari (art. 25-duodecies);
- Razzismo e xenofobia (art. 25-terdecies);
- Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 12, L. n. 9/2013);
- Reati transnazionali (L. 146/2006);
- Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25-quaterdecies);
- Reati tributari (art. 25-quinquiesdecies);
- Contrabbando (art. 25-sexiesdecies).
Nonostante, in linea di principio, per le imprese dotarsi di un Modello 231 sia tecnicamente un onere – posto che la sua mancata adozione può comportare ex post una sanzione amministrativa in caso di perpetrazione di un reato 231 da parte dell’ente – come anticipato in premessa, ancora oggi, manca una diffusa consapevolezza in ordine all’importanza di dotarsi di un adeguato sistema di gestione e controllo.
Da un’analisi condotta da Confindustria nel 2017 è emerso che tutte le imprese di grandi dimensioni prese in considerazione (con oltre 250 dipendenti o fatturato superiore ai 250 milioni di euro) si erano dotate di un modello 231 e che solo il 12% delle imprese considerate riteneva l’adozione di un modello poco utile per prevenire la commissione di reati.
Tuttavia, lo si rammenta, la normativa in commento è astrattamente applicabile a qualsiasi operatore economico, non solo quindi alle grandi imprese, ma anche a quelle di più piccole dimensioni, alle associazioni e più in generale a tutti gli enti dotati di personalità giuridica.
Ragione per cui, sempre con il medesimo spirito che ha contraddistinto la linea dello Studio nei propri interventi degli ultimi anni, si raccomanda ancora una volta a tutte le imprese un’attenta valutazione dell’opportunità di correre ai ripari e dotarsi e/o mantenere costantemente e adeguatamente aggiornato il Modello 231 in uso.
Ciò anche a mente del fatto che l’art. 2381 cod. civ. impone agli amministratori di dotare la propria società di assetti organizzativi adeguati. Come sancito dal Tribunale di Milano[1], infatti, “anche un inadempimento agli obblighi degli amministratori di predisporre assetti organizzativi adeguati” può essere contestato per la mancata predisposizione del Modello 231.
Sarebbe oggi superficiale pensare che la criminalità di impresa possa risiedere solo nelle grandi organizzazioni economiche, ancor più se si riflette sul fatto che fra i reati contemplati dalla normativa vi sono i c.d. “reati associativi” e, pertanto, ciò potrebbe comportare potenzialmente un’estensione di responsabilità dell’ente a qualunque fattispecie di reato, anche a quelle non contemplate nel c.d. catalogo 231.
Certo è che “il rischio-reato è solo uno dei possibili ostacoli che l’impresa può trovarsi ad affrontare; a questo si accompagnano il rischio di mercato, i rischi ambientali, i rischi reputazionali, i rischi organizzativi da incapacità manageriale, i rischi operativi e finanziari”[2].
Ciò che la legge impone, ancor di più a seguito del Codice della Crisi di Impresa, è che le imprese si occupino attivamente di una gestione anticipata del rischio.
Non c’è più tempo per rimandare un corretto adeguamento della gestione dell’impresa secondo i principi di prevenzione e precauzione, anche per non incorrere nella c.d. “colpa in organizzazione”.
Oltre che per scongiurare un rischio di illecito 231, infatti, l’adozione di un adeguato Modello di gestione e controllo consentirebbe alle imprese di monitorare altresì il coefficiente di probabilità di crisi, valutarne le ragioni ed attuare un programma di recupero.
Per qualsiasi ulteriore approfondimento Margiotta & Partners è a disposizione inviando una mail a segreteria@margiottalegal.it.
[1] Cfr. Trib. Milano 13.02.2008 n. 1774.
[2] Dorella Quarto, Il ruolo dei Modelli di organizzazione e gestione nella prevenzione della crisi d’impresa, tra prevenzionismo ed obbligatorietà