La normativa nazionale in materia di contrasto all’emergenza sanitaria conseguente alla diffusione del Coronavirus è in continua e rapida evoluzione ed i provvedimenti si susseguono l’uno dopo l’altro apportando sempre maggiori restrizioni, anche e soprattutto in riferimento allo svolgimento delle attività commerciali, produttive e dei servizi.
L’impatto della normativa emergenziale sul mondo del lavoro e, in particolare, sulle condotte da osservare per garantire la tutela del personale dipendente è rilevante e va ad aggiungersi ad un impianto normativo già di per sé ricco di prescrizioni e di oneri in capo al datore di lavoro.
Allo stato, sono questi i provvedimenti assunti a livello nazionale: Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6; D.P.C.M. 1 marzo 2020; Decreto Legge 2 marzo 2020, n. 9; D.P.C.M. 4 marzo 2020; D.P.C.M. 8 marzo 2020; D.P.C.M. 9 marzo 2020; D.P.C.M. 11 marzo 2020.
L’ultimo provvedimento in ordine di tempo, il D.P.C.M. 11 marzo 2020, ha una portata ulteriormente restrittiva sullo svolgimento delle attività produttive e professionali, in relazione alle quali sono previste nuove specifiche (si fa per dire) indicazioni e prescrizioni per la corretta gestione delle attività lavorative e dei dipendenti.
Vediamo il dettaglio:
7) In ordine alle attività produttive e alle attività professionali si raccomanda che: a) sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza; b) siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonchè gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva; c) siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione; d) assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale; e) siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
8) per le sole attività produttive si raccomanda altresì che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni;
9) in relazione a quanto disposto nell’ambito dei numeri 7 e 8 si favoriscono, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali.
10) Per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile.
A parte la conferma della raccomandazione al massimo utilizzo possibile del lavoro agile, dell’incentivazione delle ferie e dei congedi ordinari, il provvedimento fornisce direttive da attuare nel caso in cui la prestazione debba essere resa presso la sede lavorativa.
Il riferimento è all’assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio, il rispetto della distanza interpersonale di un metro, l’adozione di strumenti di protezione individuale, le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, la limitazione degli spostamenti all’interno dei siti produttivi, il contingentamento degli accessi a spazi comuni.
Gli oneri del datore di lavoro, ai fini del rispetto delle prescrizioni emergenziali, si riferiscono, quindi, fondamentalmente a due profili principali.
Il primo si riferisce alla corretta valutazione in ordine all’effettiva impossibilità di adottare misure alternative (lavoro agile, ferie ed ogni altra soluzione che escluda l’accesso alla sede di lavoro) e, quindi, laddove, per esempio, la prestazione lavorativa possa effettivamente essere svolta al domicilio, la mancata attuazione di tale modalità espone il datore di lavoro a profili di possibile contestazione e di responsabilità in caso di danni alla salute del dipendente.
Il secondo profilo, conseguente all’impossibilità di forme alternative all’effettuazione della prestazione lavorativa e la sussistenza di una reale esigenza lavorativa che giustifichi la presenza del dipendente, impone al datore di lavoro di mettere in atto tutte le possibili misure di sicurezza anti-contagio.
Nell’adottare le opportune misure di sicurezza – in attesa che vengano fornite indicazioni e protocolli più precisi – un ruolo importante dovrà averlo il medico aziendale anche per la stretta attinenza con le prescrizioni e le funzioni di cui al D.Lgs. n.81/2008.
Di fatto e pur lasciando aperti ampi dubbi di interpretazione, si può ritenere che i provvedimenti emergenziali siano da gestire, da parte del datore di lavoro, nell’ambito e con le modalità delle norme in materia di prevenzione e che questo sia tenuto a considerare gli obblighi e le responsabilità derivanti dal D.Lgs. n.81/2008 e dall’art. 2087 c.c. a mente del quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Le conseguenze in caso di inadempimenti e di conseguente responsabilità datoriale possono rilevare sotto molteplici profili: penale, civile e amministrativo-sanzionatorio.