Come ormai ampiamente noto, con la sentenza n.5766/2016 del 28.09.2015 il Tribunale di Torino si pronunciava per la prima volta in Italia sulla derogabilità della disposizione di cui all’art. 7-ter D.Lgs. 286/2005, secondo cui il vettore che ha svolto un servizio di trasporto su incarico di altro vettore, a sua volta obbligato ad eseguire la prestazione in forza di contratto stipulato con precedente vettore o direttamente con il mittente ha azione diretta per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, i quali sono obbligati in solido nei termini delle solo prestazioni ricevute e della quota di corrispettivo pattuita, fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale, sostenendone l’esperibilità unicamente tra soggetti in bonis, con la precisazione che in caso di fallimento di una delle parti contrattuali devono trovare applicazioni le norme speciali di cui alla legge fallimentare volte a tutelare la par condicio creditorum.
Tale pronuncia ha sin da subito creato un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ad oggi non ancora esauritosi, in quanto è per tempo rimasta l’unica a limitare l’ambito di una norma che, sin dalla sua entrata in vigore, aveva sempre visto la giurisprudenza maggioritaria molto favorevole alla sua applicazione sostanzialmente senza limiti di sorta.
La fattispecie in oggetto riguardava l’ipotesi di un committente che non aveva provveduto a pagare il primo vettore (fallito) con conseguente diritto per il curatore fallimentare di rivendicare il pagamento dei noli non ancora percepiti che non potevano invece essere versati direttamente al sub vettore, ex art.7 ter, perché ciò avrebbe compromesso la par condicio creditorum e alterato l’attivo fallimentare.
Tale pronuncia, proprio perché isolata, è stata spesso, seppur impropriamente, utilizzata (talvolta realmente abusata) dai committenti e/o dai soggetti della filiera al fine di evitare di sottostare alla gravosa disciplina del “doppio pagamento”.
Infatti, anche se può sembrare paradossale, qualora il committente provveda a pagare il nolo al primo vettore che solo in un momento successivo fallisca, il primo è in ogni caso tenuto a pagare anche il sub vettore ex art.7 ter poiché ciò non comporta alcun pregiudizio all’attivo fallimentare. Sarà poi eventualmente il committente a decidere di insinuarsi al passivo al fine di esercitare il suo diritto di regresso ed ottenere così la restituzione delle somme doppiamente versate.
In tempi molto più recenti, tuttavia, una nuova sentenza del Tribunale di Bari, (la n.971 del 02.03.2018), ha ampliato il concetto e, ritenendo di aderire alla tesi interpretativa sino ad ora sposata solo dal foro torinese, ha stabilito (in verità senza dovizia di argomentazione) che l’azione diretta del sub vettore verso il committente principale, prevista dall’art.7 ter, è inammissibile anche quando il vettore principale è sottoposto alla procedura di concordato preventivo con conseguente applicazione delle sole norme speciali dettate dalla L.F. il cui principio fondamentale è quello della par condicio creditorum.
Tale decisione, pertanto, consolida e definisce il perimetro di ammissibilità dell’azione diretta di cui all’art. 7ter del D.Lgs. n. 286/2005 precisando altresì che, diversamente argomentando, si creerebbe un’alterazione della consistenza della massa attiva nell’ambito della procedura di concordato preventivo con conseguente incidenza sulla par condicio creditorum a favore di un solo soggetto.
Tuttavia va segnalato come la materia sia ancora attualmente oggetto di vivace confronto e di conflitto anche in giurisprudenza, come dimostra la sentenza n.339 del 23.03.2018 con la quale il Tribunale di Novara, precisando come la pronuncia del Tribunale di Torino non abbia dato vita ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, si porta in direzione contraria e statuisce che il sub vettore, esercitando l’azione verso il mittente originario ai sensi dell’art.7 ter, non viola la par condicio creditorum né i diritti degli altri creditori, perché il pagamento non è effettuato con risorse appartenenti alla massa fallimentare, ma al contrario avvantaggia i creditori concorsuali perché si sottrae al concorso e rinuncia ad essere soddisfatto con somme della procedura.
E, aggiunge il medesimo Giudicante, se è pur vero che il mittente che abbia pagato sia il vettore che il sub vettore può vantare un credito restitutorio, non sussisterebbe in ogni caso alcuna violazione in quanto tale credito concorrerebbe insieme a quelli degli altri creditori, mentre se fosse stato pagato il solo sub vettore e non il vettore fallito il fallimento perderebbe un’entrata, ma solo a causa di un meccanismo già previsto per legge e senza alcuna lesione per la par condicio creditorum.
Alla luce delle deliberazioni succitate, pertanto, risulta di tutta evidenza come il problema dell’esperibilità dell’azione 7 ter in presenza di una procedura concorsuale in danno del primo vettore sia ben lungi dall’essere risolto in un senso o nell’altro essendo a tutt’oggi sussistente un vivace ed articolato contrasto interpretativo, che rende per tutti i soggetti coinvolti nella filiera non sempre agevole comprendere se e a favore di chi pagare nel modo corretto e con effetto liberatorio.
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