Il focus odierno concerne la diatriba nuovamente accesasi negli ultimi giorni in funzione dei provvedimenti susseguitisi in merito alla debenza del contributo in favore dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (in sigla “ART”) e delle comunicazioni ricevute dalle imprese di settore negli ultimi giorni.

Breve ricognizione normativa e conseguenti considerazioni.

Con delibera n. 181/2021 dell’Autorità di regolazione dei trasporti (meglio nota come “ART”), approvata, ai fini dell’esecutività, dal DPCM 14 gennaio 2022, e integrata dalla determina del Segretario generale n. 27/2022 del 15 marzo 2022, sono state definite “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità di regolazione dei trasporti per l’anno 2022”; il contributo è fissato annualmente dall’Autorità in misura non superiore all’uno per mille del fatturato derivante dall’esercizio delle attività svolte percepito nell’ultimo esercizio.

Peraltro, successivamente alla sua istituzione, è apparsa evidente l’intenzione dell’ART di ampliare quanto più possibile la platea dei soggetti contributori (da ultimo tra questi gli operatori che esercitano “servizi di agenzia/raccomandazione marittima”).

Sulla scorta di quanto previsto dall’art. 1 della delibera n. 181/2021, ad oggi i soggetti tenuti al versamento di detto contributo sono le imprese, con un fatturato superiore ad € 5.000.000,00=, che esercitano una o più delle attività di seguito elencate:
a) gestione di infrastrutture di trasporto (ferroviarie, portuali, aeroportuali, autostradali e autostazioni);

b) gestione degli impianti di servizio ferroviario;

c) gestione di centri di movimentazione merci (interporti e operatori della logistica);

d) servizi ferroviari (anche non costituenti il pacchetto minimo di accesso alle infrastrutture ferroviarie);

e) operazioni e servizi portuali;

f) servizi di trasporto passeggeri e/o merci, nazionale, regionale e locale, connotati da oneri di servizio pubblico, con ogni modalità effettuato;

g) servizio taxi;

h) servizi di trasporto ferroviario di passeggeri e/o merci;

i) servizi di trasporto via mare e per vie navigabili interne di passeggeri e/o merci;

j) servizi di trasporto di passeggeri su strada;

k) servizi di trasporto aereo di passeggeri e/o merci;

l) servizi di trasporto di merci su strada connessi con autostrade, porti, scali ferroviari merci, aeroporti, interporti (oggetto di esonero in virtù dell’articolo 16 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21);

m) servizi di agenzia/raccomandazione marittima.

Gli operatori economici con fatturato superiore a € 5.000.000,00, prescindendo da eventuali esclusioni o scomputi che esentino dalla corresponsione del contributo, dovevano effettuare una dichiarazione all’Autorità, entro il 29 aprile 2022, contenente i dati anagrafici ed economici richiesti attraverso il servizio on-line messo a disposizione dall’Autorità.

Sempre in base a detta delibera il pagamento del contributo per l’anno 2022 è stato fissato in due tranche: la prima (in misura pari a due terzi dell’importo) entro e non oltre il 29 aprile 2022; la seconda (in misura pari al terzo residuo) entro e non oltre il 28 ottobre 2022.

Si segnala, altresì, che per effetto dell’art. 16 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, i soggetti eroganti servizi di trasporto merci su strada iscritti all’Albo degli Autotrasportatori (con esclusivo riferimento al fatturato derivante dai trasporti) sono stati esonerati dalla corresponsione del contributo in relazione all’annualità 2022 con riferimento a tali prestazioni (ferma la dichiarazione di cui sopra).

Ora, come prevedibile, non essendo tra l’altro un contributo di trascurabile consistenza (per il 2022 è stato fissato nello 0,6 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato alla data del 9.02.2022, fatti salvi naturalmente i criteri per la determinazione del fatturato rilevante ai fini contributivi), l’assoggettamento a tale onere costituisce questione aperta.

Peraltro, anche la determinazione del contributo ed il successivo versamento hanno comportato e continueranno verosimilmente a comportare il proliferare di contenziosi, stante la non sempre chiara formulazione dei criteri per il calcolo del fatturato rilevante e/o la loro macchinosità.

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Attesi i cenni di cui sopra, si ritiene di poter affermare che, ad oggi, tra gli “operatori economici” non debbano annoverarsi né lo spedizioniere puro, che in concreto non “esercita” alcuna delle attività indicate, né lo spedizioniere vettore che svolge servizio di trasporto di merci su strada per conto terzi, se, come spesso accade, detto tipo di impresa non ha disponibilità di mezzi o quanto meno non in misura rilevante e comunque con determinate caratteristiche.

Si osservi, tra l’altro, che tra i soggetti indicati al comma 1 dell’art. 1 della Delibera n. 181/2021, alla lettera I), sono tenuti a sopportare tale onere le imprese che esercitano l’attività di “servizi di trasporto merci su strada connessi con autostrade, porti, scali ferroviari merci, aeroporti, interporti”, con la precisazione del 2° comma secondo cui, rispetto alla categoria di cui alla lettera l), sono tenuti alla contribuzione “le imprese di trasporto che abbiano, al 31 dicembre 2021, nella propria disponibilità veicoli, dotati di capacità di carico, con massa complessiva oltre i 26.000 (ventiseimila) chilogrammi ovvero trattori con peso rimorchiabile oltre i 26.000 (ventiseimila) chilogrammi”.

Pare lecito dedurre che, se uno spedizioniere vettore non aveva nella propria disponibilità, alla data del 31.12.2021, veicoli con tali caratteristiche (quindi con capacità di carico o di peso rimorchiabile al di sotto di 26.000 Kg), ma si avvaleva dei servizi e soprattutto di automezzi di vettori terzi, non debba essere tenuto al contributo.

Del resto, ciò pare in linea con il principio del divieto di duplicazione di contribuzione.

Inoltre, si ritiene che la locuzione “disponibilità di veicoli” non possa che intendersi nel senso di proprietà o detenzione degli stessi.

A sostegno di tale interpretazione sembra soccorrere la stessa delibera n. 181/2021 (nel primo “ritenuto”) dove si fa riferimento – per l’individuazione dei soggetti in questione – alla classificazione di cui alla delibera n. 5/2021 del 19 ottobre 2021 del Presidente del Comitato Centrale.

La delibera n. 5/2021 recante il titolo “Misura delle quote dovute dalle imprese di autotrasporto per l’anno 2022” è volta appunto a stabilire le quote dovute dalle imprese di autotrasporto la cui misura”, si legge, “deve essere determinata in relazione al numero, al tipo ed alla portata dei veicoli posseduti”.

Ora, all’art. 2 di detta delibera viene stabilito il tipo di contribuzione nei termini che seguono:

– il comma 1.1 stabilisce una quota fissa per tutte le imprese di autotrasporto;

– il comma 1.2 stabilisce una ulteriore quota “dovuta da ogni impresa in relazione alla dimensione numerica del proprio parco veicolare, qualunque sia la massa dei veicoli con cui esercitano l’attività di autotrasporto”;

– il comma 1.3 stabilisce una ulteriore “quota (in aggiunta a quelle di cui ai precedenti punti 1.1 e 1.2) dovuta dall’impresa per ogni veicolo di massa complessiva superiore a 6.000 chilogrammi di cui la stessa è titolare”.

Dunque uno spedizioniere vettore, che esercita attività di servizi di trasporto di merci su strada connessi con autostrade, porti, scali ferroviari merci, aeroporti, interporti, che non abbia mezzi o non li abbia con le caratteristiche precisate, dovrebbe essere in grado di utilmente contrastare eventuali richieste da parte dell’ART di versamento del contributo, anche attraverso la documentazione del pagamento delle quote dovute dalle imprese di autotrasporto.

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Poi, per quanto sopra, contrastare efficacemente le richieste dell’ART comporta l’opportunità di dotarsi di sistemi (possibilmente informatici) che consentano, dati i criteri per il calcolo del fatturato rilevante, di scorporare quanto richiesto dall’Autorità al fine di contrastare eventuali richieste.

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