Il tema dell’interposizione illecita di manodopera è sempre attuale e con riferimento, più nello specifico, ai requisiti di liceità dell’appalto di opere o di servizi ai sensi dell’art. 29 D.Lgs. n.276/2003, gli orientamenti degli Ermellini sono ormai consolidati.

L’ordinanza n.24386 del 3.11.2020 della Sezione Lavoro richiama e ribadisce principi già espressi da altri recenti pronunciamenti della Cassazione (n.15557 del 10.06.2019 e n.30694 del 27.11.2018) in ordine ai requisiti che consentono di ritenere lecito l’appalto di opere e servizi espletati con prestazione di manodopera con riferimento, in particolare, a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 29 D.Lgs. n.276/2003.

Il citato comma distingue il contratto di appalto dalla somministrazione di lavoro “per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.

Secondo la Cassazione n.15557 del 10.06.2019, sono “leciti gli appalti di opere e servizi che, pur espletabili con mere prestazioni di manodopera, costituiscono un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza diretti interventi dispositivi e di controllo dell’appaltante…” e non è sufficiente a configurare un’ipotesi di intermediazione illecita o vietata “…il mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto”.

La sentenza di Cassazione Sez. Lavoro n.30694 del 27.11.2018 precisa che il requisito dell’organizzazione dei mezzi necessari può essere individuata anche nell’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto.

A proposito dell’assunzione da parte dell’appaltatore del rischio di impresa, la citata pronuncia del 2018 precisa i contorni secondo i quali consiste nella possibile incapacità, per il sopraggiungere di eventi che aumentano le spese, a coprire tutti i costi (macchinari, materiali, manodopera impiegata) nell’esecuzione del contratto rispetto al corrispettivo pattuito.

Il rischio, pertanto, è quello cosiddetto economico, ovvero che deriva “dall’impossibilità di stabilire previamente ed esattamente i costi relativi, per cui l’appaltatore, che non ha il potere di interrompere i lavori per l’aumentata onerosità degli stessi, potrà anche perdere nell’affare se i costi si riveleranno superiori al corrispettivo pattuito”.

Tornando al caso specifico dell’ordinanza del 3.11.2020 n.24386, il provvedimento sottolinea come la sussistenza effettiva del rischio economico in capo all’appaltatore era stato correttamente accertato in considerazione del fatto che il servizio (nella fattispecie si trattava di trasporto) era direttamente organizzato dalla società appaltatrice e che la stessa ditta forniva i furgoni, ne curava la manutenzione ed il rifornimento e provvedeva al loro buon funzionamento.

Appare evidente, pertanto, che una corretta contrattualizzazione dei rapporti costituisce sempre più valido e imprescindibile supporto a favore della committenza in ipotesi di contestazione in merito alla genuinità dell’appalto e alla presunzione di illecita interposizione di manodopera.

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