Con la circolare n.17 del 31.10.2018, il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti ed indicazioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato e somministrazione di lavoro così come modificati dalla recente novella legislativa meglio nota come “Decreto Dignità”.

Per quanto riguarda, in particolare, il contratto a termine, le indicazioni ministeriali più significative confermano:

– la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a tempo determinato e con riferimento ai rapporti stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti o di periodi di missione in somministrazione a tempo determinato indipendentemente dai periodi di interruzione;

– la facoltà della parti di di stipulare liberamente, ovvero senza ragioni giustificatrici, un contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, mentre in caso di durata superiore tale possibilità è riconosciuta esclusivamente in presenza di specifiche ragioni che giustificano un’assunzione a termine (esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze di sostituzione di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria);

– che per stabilire se c’è obbligo di presenza di ragioni giustificatrici, si deve tener conto della durata complessiva dei rapporti di lavoro a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, considerando sia la durata di quelli già conclusi, sia la durata di quello che si intende eventualmente prorogare, nel senso che tale obbligo è sempre necessario quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi;

– che il decreto “Dignità” non ha modificato la previsione di cui all’articolo 19, comma 3, del d.lgs. n. 81/2015 ai sensi del quale, raggiunto il limite massimo di durata del contratto a termine, le parti possono stipulare un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi presso le sedi territorialmente competenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ma precisando che anche a tale contratto si applica la nuova disciplina dei rinnovi, la quale impone l’obbligo di individuazione della causale;

– che, in occasione di proroga, restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza e che, pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, applicabile altresì qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto (in tale ultimo caso ci si domanda se l’assegnazione a mansioni diverse e rientranti nello stesso livello, faccia in ogni caso rientrare la fattispecie nella disciplina del rinnovo;

– la riduzione del numero massimo di proroghe, che non possono essere superiori a 4, entro i limiti di durata massima del contratto e a prescindere dal numero dei contratti;

– la possibilità di consentire alla contrattazione collettiva la facoltà di derogare alla durata massima del contratto a termine prevedendo una durata diversa, anche superiore rispetto al limite di legge di 24 mesi;

– l’esclusione della possibilità di desumere la data di scadenza del contratto da elementi esterni allo stesso, fatta salvo che, in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro può continuare a desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione (per esempio in caso di sostituzione della lavoratrice in maternità di cui non è possibile conoscere, ex ante, l’esatta data di rientro al lavoro);

– infine, in tema di periodo transitorio e di decorrenza e delle nuove disposizioni di legge, che fino alla data del 31.10.2018 solo i rinnovi e le proroghe restano disciplinati dalle norme di cui al d.lgs. n.81/2015 e che, terminato il periodo transitorio, ovvero dal 1° novembre 2018 trovano piena applicazione tutte le disposizioni introdotte con la riforma.

Al di là delle prime indicazioni ministeriali, le aziende dovranno fare (nuovamente) i conti con le difficoltà legate alla sussistenza ed alla corretta specificazione delle causali che consentono la durata del rapporto oltre i 12 mesi.

Le difficoltà risultano poi aggravate rispetto alla previgente disciplina delle causali (art. 1 comma 1 D.Lgs. n.368/2001), posto che il nuovo impianto normativo non solo ha mantenuto un’eccessiva genericità delle ipotesi, ma ha anche ridotto l’ambito di applicazione.

Da un punto di vista strettamente operativo, andrà svolta con attenzione la valutazione delle ragioni specifiche per le quali si intende ricorrere al contratto a tempo determinato e si dovrà, quindi, procedere ad una sufficiente ed adeguata specificazione nel contratto, tenendo a mente che, in sede di eventuale contenzioso, l’onere probatorio è a carico del datore di lavoro.

Per qualsiasi ulteriore approfondimento Margiotta & Partners è a disposizione inviando una mail a segreteria@margiottalegal.it.