Con la sentenza n. 46170/16 resa il 21 settembre 2016, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato ed interpretato alcuni degli elementi costituivi del reato di inquinamento ambientale disciplinato dall’art. 452 bis c.p., entrato in vigore con la Legge n. 68 del 2015 e attratto anche nelle responsabilità parapenali degli enti ex D.Lgs. 231/2001.
Il caso sottoposto all’esame della Corte riguarda l’attività di bonifica dei fondali di due moli del golfo di La Spezia ove, secondo la Procura, la ditta incaricata aveva violato le prescrizioni progettuali che, nella specie, imponevano particolari accorgimenti volti a limitare l’intorbidimento delle acque.
Nello specifico, il progettista e direttore dei lavori di dragaggio è stato accusato di inquinamento ambientale per aver omesso di rispettare le norme progettuali, provocando dispersione di sedimenti nelle acque circostanti e cagionando così un deterioramento ed una compromissione significativa della acque del Golfo di La Spezia.
Il Giudice per le Indagini Preliminari, ritenuto integrato il reato di inquinamento ambientale e sussistenti le esigenze cautelari, disponeva il sequestro preventivo su parte del fondale e sul cantiere, mentre il Tribunale del Riesame – cui si era rivolto l’imputato – annullava il provvedimento, ritenendo insussistente l’evento di compromissione o deterioramento significativo e misurabile delle acque.
Al di là della decisione adottata dalla Suprema Corte nel caso di specie che, per inciso, ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame, la pronuncia fornisce preziose puntualizzazioni in ordine ai principali requisiti della fattispecie di reato che, giova ricordare, punisce chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili.
Gli elementi di diritto approfonditi sono, sostanzialmente, i seguenti:
- Abusività della condotta. La sentenza in esame abbraccia la tesi, già condivisa in dottrina e giurisprudenza, dell’identico requisito presente nella fattispecie di traffico organizzato di rifiuti, secondo cui abusivamente significa in contrasto con qualsiasi norma di legge – statale o regionale. Nel caso di specie, il tribunale del riesame aveva accertato l’inosservanza di prescrizioni amministrative volte specificamente a contenere l’inquinamento della acque. La novità sostanziale introdotta dalla sentenza, risiede nel qualificare abusiva una condotta anche qualora violi prescrizioni amministrative.
- Bene giuridico tutelato. Mentre per il suolo e per il sottosuolo il legislatore ha previsto un limite dimensionale – porzioni estese o significative – alcun requisito quantitativo è riferito all’aria o alle acque.
- Concetti di compromissione e di deterioramento. Sono gli elementi di maggior interesse poiché la Cassazione approfondisce, per la prima volta, l’evento dannoso richiesto per la configurabilità del delitto di inquinamento ambientale. Sia la “compromissione” che il “deterioramento” sono qualificati come manifestazioni del concetto di alterazione. Nel dettaglio, la compromissione è qualificata come una modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema caratterizzata da una condizione di rischio o pericolo che potrebbe definirsi squilibrio funzionale perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale o dell’ecosistema; mentre il deterioramento implica uno squilibrio strutturale, caratterizzato da decadimento di stato o di qualità di questi ultimi. In ogni caso, secondo la Cassazione, non assume rilievo l’eventuale reversibilità del fenomeno inquinante, se non come uno degli elementi di distinzione tra il delitto di inquinamento ambientale e quello di del disastro ambientale. L’irreversibilità, infatti, è elemento costitutivo del più grave reato di disastro ambientale.
- Significatività e misurabilità del danno. Prevedendo che compromissione o deterioramento debbano essere significativi – incisivi e rilevanti – e misurabili – quantitativamente apprezzabile o oggettivamente rilevabile, il legislatore ha escluso i fatti di minor rilievo elevando quindi il livello di lesività della condotta.
In conclusione, quindi, il reato di inquinamento ambientale consiste in un’alterazione – squilibrio funzionale o strutturale – dell’ambiente quantitativamente apprezzabile o concretamente accertabile e che, comunque, non sfoci nel più grave delitto di disastro ambientale.
Resta pur sempre una norma di formulazione piuttosto vaga e generica, suscettibile di essere interpretata secondo la mera discrezionalità dei Giudici; per tale ragione sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore del legislatore nell’attesa che dottrina e giurisprudenza ne delimitino i confini.